1.1 INTRODUZIONE
Il trasporto e il relativo stoccaggio dell’ idrogeno è ancora oggi considerato un argomento complesso, infatti, i materiali utilizzati non possono avere alcuna o nessuna interazione o reazione con H2.
Read MoreAttualmente sono ampliamente utilizzate le tradizionali bombole di gas ad alta pressione e l’ idrogeno liquido, mentre si stanno sviluppando nuove tecnologie per il fisisorbimento.
Si utilizza l’ idrogeno su materiali con parametri di base con un’ elevata area superficiale specifica, intercalazione dell’idrogeno metallico e idruri complessi.
Per il trasporto la reversibilità dell’ assorbimento e del rilascio dell’ idrogeno è molto importante, infatti, per questo motivo, si possono escludere tutti i composti covalenti e relativi di idrogeno – carbonio. La causa principale di questa esclusione per poter separare H2 dal carbonio è l’ elevata temperatura ( ≥800 °C ), altrimenti quest’ ultimo sarà ossidato[1].
Le principali tecniche di trasporto sono:
● Gas a pressione
● Gas liquefatto
● Idruri chimici e metallici
1.2 GAS A PRESSIONE
L’uso di recipienti a pressione per immagazzinare H2 sono stati registrati per la prima volta nel 1880. L’ idrogeno in quel periodo era immagazzinato in contenitori di ferro battuto ad una pressione di 12 MPa.
L’ H2 a pressione è l’opzione più comune ed utilizzata.
Infatti, si può comprimere l’ H2 in speciali bombole ad alta pressione, fino ad un massimo di 30 Mpa, mentre per i veicoli le pressioni massime possono variare da 5000 a 10000 psi per motivi di sicurezza.
Considerando che il volume dell’ idrogeno aumenta con l’aumentare della pressione, l’idrogeno compresso è un metodo molto efficace.
L’idrogeno compresso tuttavia, può essere immagazzinato in 4 diversi tipi di recipienti a pressione.
● Tipo I
Sono utilizzati principalmente per applicazioni industriali con una pressione di 20-30 MPa. Questo ha limitazioni nell’efficienza di archiviazione e può immagazzinare solo circa l’1% del peso di H2.
● Tipo II
La parte cilindrica del contenitore è avvolta con materiale composito in fibra di resina.
● Tipo III – IV
Sono recipienti a pressione basati su materiali completamente compositi, tale materiale composito è realizzato in plastica o fibra di carbonio incorporata nella matrice polimerica.[2-4]
Le principali caratteristiche di un recipiente ad alta pressione sono:
● Bassa densità
● Non reagisce con l’ idrogeno o lascia che si diffonda
● Bassa densità ed elevata resistenza alla trazione.
1.3 IDROGENO LIQUEFATTO
L’idrogeno viene liquefatto a pressione ambiente ad una temperatura di -253 °C, di conseguenza, i tubi e i contenitori che trasportano l’idrogeno liquefatto devono avere requisiti di isolamento termico molto severi. Per questo motivo si utilizzano contenitori criogenici ultraisolati.
Questa tecnologia è stata sviluppata per il settore aerospaziale, in cui l’ H2 liquido viene utilizzato come propellente per il lancio di missili o Shuttle.
Si stima inoltre che nei serbatoi si perde circa l’1-2% di peso ogni giorno per evaporazione.
Il processo di liquefazione e il mantenimento ad una temperatura di -253 °C dell’ idrogeno necessitano di un’ elevata energia ed il contenuto energetico perso è di circa il 40%. Tuttavia, i vantaggi dell’ H2 liquefatto è l’ elevata densità del liquido e l’ ottima efficienza di stoccaggio.
Per minimizzare il tasso di evaporazione si combinano le tecniche di liquefazione e compressione dell’ idrogeno, purtroppo il costo dei serbatoi criogenici e pressurizzati è molto alto essendo fatti in fibra di carbonio, infatti, questo materiale costituisce circa il 76% del costo nella costruzione dei contenitori.[5-6]
1.4 IDRURI CHIMICI E METALLICI
Per superare le difficoltà nel trasporto e nello stoccaggio di grandi quantità di idrogeno, si utilizzano composti ricchi di idrogeno; gli idruri alcalini e NH3, dove quest’ ultimi vengono trasportati direttamente alle stazioni di distribuzione per produrre idrogeno. Questo composto è chiamato idruro chimico per distinguerli dagli idruri metallici che possono rilasciare e recuperare idrogeno in maniere reversibile.
Per gli idruri chimici il più utilizzato è l’ idruro al litio ( idruro alcalino ), infatti, viene trasportato tramite un liquame di idruro che lo protegge dall’ umidità.
L’ idruro di litio deve essere miscelato insieme all’ H2O per poter estrarre l’ idrogeno.
Il composto dopo la reazione genera l’ idrossido di litio che viene riciclato successivamente. La formula chimica è la seguente:
Un’ altra fonte di idrogeno è l’ ammoniaca ( NH3 ), nonostante sia efficiente e conveniente, la sua tossicità ne limita fortemente l’ uso ( dose letale ≥ 5000 ppm per un umano ).
Gli idruri metallici hanno l’ abilità di assorbire e rilasciare l’ idrogeno in condizioni favorevoli. Infatti attraverso il riscaldamento della cisterna gli idruri metallici stanno avendo un ruolo chiave in questi ultimi anni e per poter rilasciare l’ idrogeno si utilizza una temperatura che varia tra i 110 °C ed i 210 °C.
In particolare, gli idruri metallici sono caratterizzati da:
● Elevata purezza in caso di rilascio di idrogeno
● Volume di stoccaggio di idrogeno aumentato rispetto alla compressione
● Costi di gestione bassi
Gli idruri metallici si possono dividere in due sottocategorie, la prima è quella degli idruri semplici mentre la seconda sono gli idruri complessi.
Gli idruri semplici sono costituiti da due elementi, il primo genera un idruro stabile ed è costituito in genere da metalli preziosi o metalli alcalini mentre il secondo elemento forma idruri instabili costituiti da metalli di transizione ed esempio il Nichel.
Gli idruri complessi sono formati dagli elementi del I, II, e III gruppo.
Questi grazie ad un’ elevata predisposizione di peso leggero e assorbimento dell’ idrogeno, vengono usati per il trasporto e stoccaggio.
Infatti, durante il processo di acquisizione, l’ idrogeno si trova negli angoli al centro del tetraedro garantendo una maggiore stabilità ed immagazzinamento.[7-11]
Quindi ricapitolando, con le attuali tecnologie l’ idrogeno si può distribuire in due modi, si possono utilizzare gli idrogenodotti oppure le autocisterne.
La sostanziale differenza è nel loro costo e in base alla distanza di stoccaggio ed in base allo specifico utilizzo si può adottare o una soluzione oppure l’altra.
Per quanto riguarda invece l’ immagazzinamento ci sono tre possibili soluzioni che variano anch’ esse in base alla loro destinazione finale ed al prezzo: la compressione, la liquefazione e l’ accumulo chimico e/o metallico.
La compressione attualmente è il metodo più semplice ed economico, infatti l’ idrogeno si comprime a pressione molto elevate che prevalentemente partono da 200 bar.
La liquefazione al contrario della compressione è molto più costosa e utilizza una tecnologia che permette all’ idrogeno di liquefarsi ad una temperatura di -253 °C utilizzando dei particolari serbatoi criogeni a doppia parete o tripla parete.
L’ ultimo metodo di immagazzinamento dell’ idrogeno è utilizzando degli accumulatori chimici:
Uno dei metodi più promettenti e innovativi per l’immagazzinamento dell’idrogeno riguarda l’uso di accumulatori chimici, con un focus particolare sulla formazione di idruri metallici. Questo processo sfrutta la capacità dell’idrogeno di legarsi chimicamente a metalli specifici, formando composti solidi in cui l’idrogeno viene intrappolato all’interno del reticolo cristallino del metallo stesso. Questi materiali solidi offrono un’alternativa al tradizionale stoccaggio di idrogeno compresso o liquido, risolvendo alcuni dei problemi di sicurezza e densità energetica che affliggono tali tecniche.
Come funziona il processo
Nel caso degli idruri metallici, l’idrogeno viene assorbito all’interno di un materiale metallico che ha la capacità di accogliere gli atomi di idrogeno all’interno delle sue cavità cristalline. A livello atomico, il metallo e l’idrogeno formano un composto chiamato idruro, in cui gli atomi di idrogeno vengono stabilizzati all’interno della struttura del metallo. Questo fenomeno si verifica attraverso un processo di adsorbimento, in cui il gas viene “intrappolato” nei siti interstiziali del reticolo cristallino del metallo, creando legami chimici che stabilizzano il composto.
Un aspetto interessante di questa tecnologia è la reversibilità del processo: l’idrogeno immagazzinato all’interno degli idruri metallici può essere successivamente rilasciato attraverso un processo chiamato desorbimento. Questo avviene solitamente applicando calore al materiale o riducendo la pressione esterna, consentendo al gas di liberarsi dai legami chimici con il metallo e di tornare al suo stato gassoso originale. Questo ciclo di assorbimento e desorbimento è ciò che rende gli idruri metallici un’opzione così interessante per l’immagazzinamento dell’idrogeno, soprattutto per applicazioni che richiedono rilasci controllati e sicuri di energia, come i veicoli a celle a combustibile o i sistemi di stoccaggio per energie rinnovabili.
Materiali utilizzati per gli idruri metallici
Diversi metalli e leghe metalliche sono stati studiati per le loro proprietà di assorbimento dell’idrogeno, ognuno con caratteristiche uniche che lo rendono adatto a particolari applicazioni. Tra i metalli più comunemente utilizzati troviamo:
Lantanio: Il lantanio, spesso combinato con nichel, è uno dei materiali più studiati per la creazione di idruri metallici. La lega LaNi5, ad esempio, è capace di assorbire notevoli quantità di idrogeno, trasformandosi in LaNi5H6 durante il processo. Questo tipo di idruro ha il vantaggio di assorbire e rilasciare idrogeno a temperature e pressioni moderate, rendendolo adatto per una vasta gamma di applicazioni.
Magnesio: Il magnesio è un altro materiale promettente, poiché è in grado di assorbire una quantità significativa di idrogeno, formando l’idruro di magnesio (MgH2). Tuttavia, una delle sfide con il magnesio è che richiede temperature piuttosto elevate (circa 300 °C) per rilasciare l’idrogeno, il che limita la sua applicazione in alcuni contesti. I ricercatori stanno lavorando per migliorare le proprietà di desorbimento del magnesio, ad esempio aggiungendo nanoparticelle o utilizzando materiali catalitici per ridurre la temperatura di rilascio dell’idrogeno.
Titanio, Zirconio e Ferro: Questi metalli, spesso combinati in leghe, sono stati studiati per le loro capacità di formare idruri metallici stabili. Le leghe a base di titanio-zirconio, ad esempio, possono immagazzinare idrogeno a temperature più basse rispetto al magnesio, il che le rende più adatte per applicazioni mobili o in ambienti con limitazioni di energia.
Uno dei maggiori vantaggi dell’utilizzo di idruri metallici è la densità energetica del sistema. In condizioni ideali, un chilogrammo di materiale idrurato può contenere diversi metri cubi di idrogeno, offrendo così una soluzione compatta per lo stoccaggio di questo gas. Questo è particolarmente rilevante per applicazioni mobili, come nei veicoli a idrogeno, dove lo spazio è un fattore critico.
Vantaggi rispetto agli altri metodi di stoccaggio
Il metodo degli idruri metallici offre vantaggi significativi rispetto alle tecniche di stoccaggio convenzionali come la compressione o la liquefazione dell’idrogeno. Lo stoccaggio di idrogeno compresso richiede serbatoi rinforzati e infrastrutture costose, poiché il gas deve essere contenuto a pressioni molto elevate (fino a 700 bar). La liquefazione, d’altra parte, implica il raffreddamento dell’idrogeno a temperature estremamente basse (circa -253 °C), il che comporta un elevato consumo di energia e la necessità di serbatoi isolati termicamente.
Gli idruri metallici, invece, permettono lo stoccaggio dell’idrogeno a pressioni molto più basse e temperature meno estreme. Inoltre, essendo il gas immagazzinato in forma solida, il rischio di perdite o esplosioni è significativamente ridotto rispetto agli altri metodi. Questo li rende una soluzione interessante per migliorare la sicurezza nello stoccaggio e nel trasporto dell’idrogeno.
Sfide e sviluppi futuri
Nonostante i numerosi vantaggi, ci sono ancora delle sfide da affrontare per rendere gli idruri metallici una soluzione di stoccaggio diffusa su larga scala. Uno dei problemi principali è l’energia necessaria per il rilascio dell’idrogeno: molti idruri richiedono elevate temperature per il processo di desorbimento, il che può limitare l’efficienza complessiva del sistema. Inoltre, la produzione di questi materiali è ancora costosa, e c’è bisogno di ulteriori ricerche per migliorare la capacità di immagazzinamento e il ciclo di vita degli idruri metallici.
I ricercatori stanno esplorando nuove leghe e composti che potrebbero migliorare le prestazioni degli idruri metallici, come l’integrazione di nanoparticelle o l’uso di additivi catalitici che potrebbero abbassare la temperatura di desorbimento e aumentare la velocità di assorbimento dell’idrogeno. Inoltre, lo sviluppo di metodi di produzione più efficienti e sostenibili potrebbe rendere questa tecnologia più accessibile e competitiva rispetto alle soluzioni di stoccaggio convenzionali.
Nel lungo termine, l’uso degli idruri metallici per lo stoccaggio dell’idrogeno ha il potenziale di rivoluzionare il settore delle energie rinnovabili. Con l’idrogeno che emerge come uno dei principali vettori energetici del futuro, lo sviluppo di tecnologie sicure, efficienti e pratiche per il suo stoccaggio sarà cruciale per facilitare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio. Gli idruri metallici rappresentano una parte fondamentale di questo percorso, con il potenziale di migliorare la sicurezza e l’efficienza dello stoccaggio dell’idrogeno in una vasta gamma di applicazioni, dal settore energetico ai trasporti.[12-15]
Fonti ed approfondimenti:
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[13] National Renewable Energy Laboratory (NREL): nrel.gov
[14]Open Access Journal (Directory of Open Access Journals): doaj.org
[15]European Commission’s Joint Research Centre (JRC): ec.europa.eu/jrc
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